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Fisiologia Sonno salutare

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Dormiamo un'ora in meno, per questo siamo più stanchi
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2013

MILANO - Il club dei «cronicamente stanchi» conta ogni giorno nuovi soci. Il motivo? La mancanza di sonno che ormai ha assunto le dimensioni di una vera e propria epidemia nel mondo occidentale. Le classiche otto ore di riposo notturno sono diventate un sogno per molti e oggi ci si deve accontentare di dormire due ore in meno rispetto a trent'anni fa. Ma non si dorme perché si soffre di insonnia o perché la cultura «24/7» delle società occidentali, fatta di impegni lavorativi e sociali, non ne dà il tempo? «Almeno il 30 per cento di italiani soffre di insonnia - precisa Luigi Ferini Strambi Direttore del Centro del sonno dell'Ospedale San Raffaele di Milano -, ma solo il 15 per cento di questi è affetto da un disturbo vero: pur volendo, cioè, dormire e potendolo fare, non ci riesce. L'altro 15 per cento è fatto di persone che, invece, vorrebbero dormire, ma non lo fanno a sufficienza per questioni di lavoro o per ragioni ludiche».
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TABLET E CO. - I disturbi del sonno sono in aumento, complici anche le nuove tecnologie. Internet, tablet e smartphone, utilizzati fino a tarda sera, non aiutano, anzi, favoriscono uno stato di allerta che interferisce poi con il riposo: ne sanno qualcosa gli adolescenti europei che se 30 anni fa dormivano in media 9,5 ore, oggi arrivano a malapena a 7,45. E i giovani-adulti italiani, dai 25 ai 45 anni, hanno perso un'ora di sonno nell'ultimo decennio: oggi dormono 6 ore e mezza per notte invece di 7 ore e mezza. Non esiste comunque un numero ideale di ore di sonno: tutto dipende da come ci si sente al risveglio, se riposati oppure no. «È importante - continua Ferini Strambi - che il sonno sia collocato nel giusto periodo, diverso per ciascuno di noi e dipendente dal gene dell'orologio biologico. Il 70 per cento della popolazione ha un cronotipo normale e dorme bene fra le undici di sera e le sette del mattino. Per un 20-25 per cento delle persone, invece, il periodo ideale va dalle 2.30 di notte alle 10.30-11 del mattino: chiaro che, a meno di non avere orari di lavoro flessibili, questi "gufi" avranno problemi di concentrazione e di rendimento quando si svegliano presto. Il restante 5 per cento sono le "allodole" che tendono a coricarsi attorno alle 8-9 di sera per svegliarsi alle 4.30-5 del mattino». La mancanza di sonno fa danni alla salute, come sostengono ormai moltissime ricerche. L'ultima, inglese, pubblicata su Pnas, dimostra che dormire poco per sette giorni di fila altera più di settecento geni legati al metabolismo e allo stress.

I RISCHI - «La mancanza di sonno ha conseguenze sia sulla sfera mentale che su quella fisica - dice Ferini Strambi -. Il riposo notturno serve per consolidare la memoria e mettere a riposo la corteccia frontale, che è quella che lavora di più durante il giorno. Un sonno disturbato altera tutti questi processi». Ancora più numerosi gli effetti della carenza di sonno sul piano fisico. Ne sanno qualcosa i lavoratori notturni, il cui rischio di ipertensione e di diabete è aumentato, e ne sanno qualcosa le modelle che tendono a dormire molto per non mangiare: il sonno, infatti, stimola la produzione di leptina, un ormone che inibisce la fame. Al contrario la mancanza di sonno favorisce la secrezione di grelina, un altro ormone che, invece, aumenta l'appetito. Ecco perché chi dorme poco rischia anche di diventare obeso. Ma ci sono rimedi? «Per l'insonnia classica - dice Ferini Strambi - si stanno studiando nuovi farmaci che funzionano bloccando un ormone chiamato orexina, ma arriveranno fra due o tre anni. In alternativa ci sono le terapie cognitivo-comportamentali che qualcuno oggi propone anche online». Per gli altri, i «deprivati», la soluzione in molti casi potrebbe essere cambiare mentalità e dire basta alla cultura delle «notti bianche». Come sta avvenendo negli Stati Uniti e come suggerisce la Giornata Mondiale del sonno che si celebra questo venerdì.

Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it

http://www.corriere.it/salute/13_marzo_12/abbiamo-perso-ora-di-sonno_30bb2c58-8adf-11e2-b7df-bc394f2fb2ae.shtml


 
 
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