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Psicologia Anoressia: il conflitto interiore può uccidere

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L’anoressia nervosa può essere il risultato di una guerra interiore che si combattere tra il proprio sé autentico e uno falso --
Dicembre 2011

Un conflitto interiore, questo potrebbe essere il motivo per cui si sviluppa uno dei più gravi e drammatici disturbi alimentari: l’anoressia.
Secondo un nuovo studio britannico, capire cosa si cela dietro all’anoressia nervosa è indispensabile per poter offrire un reale e concreto aiuto a chi ne soffre, e saper discernere quando si debba optare o meno per il trattamento forzato.

I ricercatori hanno coinvolto in questo studio 29 donne in cura per anoressia nervosa. Alle partecipanti hanno sottoposto un questionario a cui dovevano rispondere e che conteneva domande su come loro vedessero la propria condizione, in che misura la comprendessero, cosa provassero nei confronti del trattamento forzato e, infine, come la malattia influisse sul processo decisionale.
La sorpresa è arrivata dalle risposte: nonostante i ricercatori non avessero incluso domande che riguardavano l’identità e l’autenticità di sé, la quasi totalità delle partecipanti ha citato il rapporto che avevano con se stesse e il proprio reale o autentico sé, in contrasto con un sé sentito come non vero.

Quello che è quindi emerso è stato come molte delle pazienti vedessero l’anoressia nervosa come un qualcosa di separato dal loro vero Io. Di queste, alcune hanno espresso l’idea che vo fosse una vera e propria lotta di potere tra il sé reale e quello falso.
Una condizione comune è quella che vede le pazienti sentirsi soccombere durante questa lotta, e ritenere che gli altri potrebbero fornire loro un supporto per consentire all’autentico sé di acquistare forza per combattere in questa guerra.

Dopo la sorpresa, il sentimento suscitato nei ricercatori è stato la speranza. Difatti, secondo loro, il vedere la malattia come un qualcosa separato dal proprio autentico sé da parte delle pazienti può essere importante per chi deve offrire una speranza alle persone sofferenti di anoressia.
«Concettualizzare il comportamento anoressico come parte inautentica del sé può essere per molti una strategia valida nel contribuire a superare [il conflitto]», scrivono gli autori dello studio, aggiungendo che la distinzione tra un sé autentico e uno non autentico non è necessariamente la stessa cosa di una mancanza di capacità decisionale e non può giustificare il prevalente rifiuto del paziente nei confronti del consenso al trattamento. Tuttavia, i ricercatori ritengono che i risultati forniscono i motivi per non avallare semplicemente il rifiuto di aiuto.

In sostanza, i ricercatori sostengono che l’anoressia nervosa possa essere segno di un conflitto interiore e che, questo, possa in certe circostanze impedire alla persona di esprimere questo sentimento intimo. Da qui, la necessità di agire con il trattamento quando la paziente non sia in grado di comprendere quanto sta accadendo. «Alcune autorità affermano che il trattamento forzato non dovrebbe mai essere utilizzato per l’anoressia nervosa. Crediamo, tuttavia, che dovremmo prendere sul serio la possibilità che una persona in preda all’anoressia nervosa possa avere esperienza di un sostanziale conflitto interiore, anche se la persona non può esprimere questo sentimento in quel momento. Forse la prova da questi studi è sufficiente per ignorare il rifiuto di trattamento nel migliore interesse delle persone», concludono i ricercatori.
A parte il trattamento forzato, suggerito dai ricercatori, forse sarebbe il caso di esplorare meglio il perché di questo conflitto interiore e tra sé autentico e no e, magari, da questo riuscire a trovare il modo per guarire.
[lm&sdp]

http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/medicina/articolo/lstp/431380/


 
 
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