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Infanzia Quando il video non fa scuola

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I video educativi non sono utili ai bambini piccoli per acquisire nuovi vocaboli, anzi nuocciono allo sviluppo del linguaggio


Non insegnano nuove parole, anzi: possono danneggiare lo sviluppo del linguaggio se proposti troppo precocemente ai piccoli. Sono i video educativi infantili rivolti ai bambini che stanno imparando a parlare. A metterne in discussione il valore è uno studio della Università della California di Riverside. Secondo la ricerca statunitense, pubblicata online sugli Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine, l’interazione dal vivo ha più possibilità di migliorare le abilità orali dei bambini molto piccoli.

Gli scienziati di Riverside hanno studiato il vocabolario di 96 bambini dai 12 ai 24 mesi di età e hanno intervistato i loro genitori sullo sviluppo dei figli e sulla precedente esposizione ai mezzi di comunicazione educativa. Alla metà dei bambini è stato poi dato un dvd didattico da 35 minuti da guardare nelle loro case, allo scopo di imparare 30 parole inglesi evidenziate dal video. Dopo sei settimane, i ricercatori non hanno trovato prove sostanziali di un miglioramento linguistico o dell’apprendimento delle parole indicate nel dvd. Ancor più preoccupante, i bambini più piccoli hanno ottenuto un punteggio inferiore in un test di conoscenza del vocabolario.

“Secondo i risultati, quindi, i dvd infantili non hanno alcun valore educativo, e la loro visione in età precoce può effettivamente mettere in pericolo il linguaggio”, ha raccontato Rebekah Richert, autrice dello studio. La ricercatrice spiega quest’assenza di progresso cognitivo con la mancanza di interazione visiva e verbale con altri individui, non rimpiazzabile da uno schermo: “Sappiamo da tempo questa interazione è molto importante per l’apprendimento dei bambini, sia essa con i genitori, con un maestro o anche con un fratello maggiore”.

Si stima che i bambini dai due anni in giù trascorrano circa due ore al giorno davanti a uno schermo, e che l'età media in cui i neonati iniziano a guardare i programmi progettati per la loro fascia di età sia di cinque mesi. Secondo la Richert, dato che i media per l’infanzia sono diventati quasi onnipresenti nella vita di molti bambini, la ricerca futura dovrebbe continuare ad esaminare se e in che modo i genitori possono utilizzare questi strumetni in modo efficace. “I genitori, dal canto loro, devono essere consapevoli che sono loro stessi i primi a dover essere coinvolti nell'apprendimento e nello sviluppo dei propri figli”, ha concluso la ricercatrice. (a.o.)

Riferimenti: Arch Pediatr Adolesc Med doi:10.1001/archpediatrics.2010.24
galileonet.it


 
 
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