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Alimentazione Sulla via della longevità anche le «noci macadamia»

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Contengono acido palmitoleico dal quale dipenderebbe la sensibilità all'insulina di fegato e muscoli






La via della longevità, ovvero la capacità di raggiungere età molto avanzate in buona salute, è in parte determinata geneticamente, in parte da fattori ambientali: fra questi la dieta riveste un ruolo prioritario. Ultimamente i ricercatori si sono concentrati nello studio delle noci macadamia, originarie dell’Australia. Scoperte oltre 500 anni fa dagli aborigeni, questi frutti contengono infatti un’alta percentuale di acido palmitoleico. A sintetizzarne le virtù, è stato il genetista Annibale Puca, che studia i meccanismi molecolari dell’invecchiamento all’Istituto scientifico MultiMedica.

«Il profilo lipidico - ha spiegato Puca - riflette oltre al patrimonio genetico ereditato dai progenitori, anche i cibi che consumiamo tutti i giorni, in grado di modificare la struttura delle cellule». Ma che cosa differenzia la popolazione generale dal piccolo numero di individui destinati a vivere molto a lungo? «Innanzitutto il profilo lipidico della membrana eritrocitaria», quella dei globuli rossi, «che nei centenari è caratterizzato da alti livelli di acido palmitoleico, bassi livelli di acido arachidonico e linoleico (acidi grassi polinsaturi proinfiammatori) e paradossalmente alti livelli di acidi grassi trans, prodotti dall’organismo in risposta ai radicali liberi, indicando che per essere longevi è necessario uno stress moderato», dice Puca. Che per i suoi studi dispone di una banca dati enorme, la più completa a livello mondiale, composta da oltre 2 mila campioni di Dna di centenari di tutto il mondo.

«L’acido palmitoleico - continua Annibale Puca - è un acido grasso monoinsaturo dal quale dipenderebbe la sensibilità all’insulina di fegato e muscoli. Recenti studi su modelli animali hanno evidenziato la sua capacità di influenzare la sensibilità del recettore dell’insulina e la longevità attraverso la modulazione del gene FOXO3A, di cui è stata recentemente evidenziata l’importanza».

Per quanto riguarda l’uomo, proprio un recente studio coordinato da Puca e pubblicato su «Rejuvenation Research» ha dimostrato come i figli di longevi mostrano un livello molto alto di palmitoleico a livello della membrana cellulare.

La quantità di palmitoleico è controllata a livello cellulare da un enzima, ELOVL6, codificato da un gene che risiede nel cromosoma 4q25 dove in precedenza era stata identificata una regione genomica che influenza la longevità nell’uomo. L’acido palmitoleico, però, è scarsamente presente nella dieta mediterranea: è contenuto nell’olio di oliva, ma in percentuale abbastanza bassa, compresa tra lo 0,3% e il 3,5%. Gli esperti consigliano quindi di aumentarne i livelli nella dieta, introducendo il consumo di noci macadamia che ne sono ricche.

«Ma anche l’assunzione di altre categorie di acidi grassi è importante - avverte Puca - poiché le quantità sono finemente regolate per essere in costante equilibrio tra di loro».
Presto la ricerca permetterà - con «l’analisi personalizzata degli acidi grassi di membrana attraverso il profilo lipidico (Fat Profile) - di modulare la dieta in maniera da ripristinarne i valori ottimali, sia nelle persone in buona salute che in soggetti con malattia, nel tentativo di ridurne la sintomatologia. Nel caso della fibrillazione atriale, ad esempio, riscontriamo un livello molto basso di palmitoleico e molto alto di acidi grassi polinsaturi. E sarà interessante vedere l’impatto della dieta con macadamia sul decorso di questa malattia».
lastampa.it


 
 
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