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Alimentazione Light ma da non prendere alla leggera

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L'attenzione alla forma fisica attraverso la scelta di alimenti light può nascondere gravi insidie per la salute.
Mercoledì 01 Ottobre 2008 21:26
Le immagini proposte continuamente dai media diffondono nella collettività ideali più o meno "corretti" che diventano in breve tempo di riferimento per larga parte della popolazione. Tra gli innumerevoli esempi, pare opportuno porre l'attenzione sul modello di "fisico" che ognuno di noi vorrebbe sfoggiare per assomigliare ai principali personaggi pubblici, in particolare dello spettacolo, che ormai hanno invaso le nostre case via tv, internet e riviste.

Se da un lato ciò può rappresentare un aspetto positivo, stimolando il singolo individuo a ricercare la migliore forma fisica attraverso l'attività motoria e un'alimentazione equilibrata, spesso finisce col riflettersi negativamente sulla salute di chi cerca delle facili "scorciatoie". Viene da pensare, in particolare, ai cibi cosiddetti "light", che dovrebbero assicurare un minore apporto calorico e in tal modo compensare, si presume, la sedentarietà di alcuni soggetti.

L'enorme interesse ottenuto nel mercato da queste tipologie di prodotti è sotto gli occhi di tutti: proliferano ormai versioni "light" e "diet" di moltissimi prodotti alimentari, dalle bevande, ai formaggi, agli snack. Numerosi sono tuttavia i rischi associati alle scelte alimentari, attente ma non troppo, del consumatore che opta per un alimento light. In primo luogo, occorre specificare che un alimento può essere considerato light, secondo le normative europee, se presenta il 30% in meno di calorie rispetto alla versione originale.

In genere, ciò che conferisce le principali caratteristiche organolettiche ad un alimento sono grassi e zuccheri: per ridurre l'apporto calorico occorre in sostanza diminuire la presenza di tali molecole sostituendole con altre ipocaloriche, che rappresentino un valido surrogato in termini di sapore, profumo, aspetto del prodotto originale. Il primo elemento da considerare in questi termini è rappresentato dai prodotti che vengono utilizzati allo scopo.

Pensando ai dolcificanti (è sufficiente consultare svariati siti internet per farsi un'idea sull'argomento) si possono considerare in linea di massima accettabili i prodotti che sostituiscono saccarosio e glucosio con altri dolcificanti naturali, ad esempio il fruttosio. Al contrario, la maggior parte dei dolcificanti artificiali stimolano la produzione di insulina (a causa del gusto del dolce) in persone sane con conseguente abbassamento della loro glicemia. La conseguente iperinsulinemia stimola l'appetito. Si pensi che in passato, per far ingrassare i suini, era d'uso integrare la loro alimentazione con la saccarina.

Consumando alimenti che sostituiscono gli zuccheri classici con dolcificanti artificiali significa assumere minori calorie con l'alimento "light", salvo doversi poi confrontare con una crescita dell'appetito (che potrebbe quindi vanificare ogni sacrificio). Inoltre, diversi dolcificanti artificiali sono al centro di un acceso dibattito, che prosegue da diversi anni, in merito alla loro tossicità (primo fra tutti l'aspartame, di cui si discute la cancerogenità).

Per quanto riguarda la sostituzione dei grassi, anche in questo caso è possibile distinguere tra miscele proteiche o di carboidrati naturali, generalmente considerati accettabili per la salute, e surrogati artificiali del grasso, rappresentate da sostanze sintetiche indigeste (poliestere del saccarosio) con acidi grassi che vengono espulsi immutati. Suscita preoccupazione il fatto che possano compromettere l'assunzione di vitamine solubili nel grasso (A e E) ed eventualmente di medicinali. Anche in questo caso il ridotto apporto calorico è una soluzione effimera: la sensazione di sazietà non dura a lungo e così aumenta il rischio di divorare una razione doppia di prodotti "light", cosa che rende impossibile una durevole riduzione di peso.

Quando il cibo è light, nel senso che contiene meno calorie, non significa quindi che sia più sano e faccia bene all'organismo che lo assimila. Altri discorso è invece l'utilizzo dell'aggettivo "light" nei nomi di prodotti che non sono assolutamente ipocalorici, oppure l'utilizzo di un packaging vicino a quello utilizzato per prodotti light per confondere il consumatore e indurlo ad acquistare erroneamente. È sufficiente un minimo di attenzione per rendersi conto che la maggior parte dei prodotti light hanno confezione con colori principalmente bianco-azzurri, per cui è sufficiente "copiare" lo stile di confezione per indurre nell'errore i consumatori meno attenti, convinti di acquistare prodotti amici della salute.

Questi semplici elementi aiutano a comprendere come, in realtà, il marketing sia in grado di condizionare completamente le abitudini alimentari e le scelte di consumo della gran parte dei consumatori, che si fidano di informazioni approssimative fornite da spot pubblicitari e che acquistano in buona fede prodotti pubblicizzati come ottimi per la salute senza alcuna consapevolezza delle reali caratteristiche del prodotto acquistato. Se il marketing è tutto, e l'industri alimentare lo sa molto bene, la vera comunicazione aziendale relativa ai prodotti alimentari è pressoché inesistente e purtroppo ignorata dal grande pubblico, che inconsapevolmente raggirato evita apaticamente di approfondire le proprie scelte di consumo fidandosi dello strumento più immediato per conoscere i prodotti, la pubblicità, che purtroppo per definizione non è in grado di fornire informazioni oggettive e di supporto a scelte consapevoli.
greenplanet.it
Dario Muzzarini


 
 
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