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Ecologia Lula difende i biocarburanti

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Una scimmia al posto di guida di un aereo farebbe meno danni dei governanti dei vari paesi riguardo all'ambiente

BRUXELLES
Il presidente del Brasile Luis Ignacio Lula da Silva ha perorato ripetutamente e con convinzione ieri a Bruxelles, davanti a diversi interlocutori dell’Unione europea, la causa dello sviluppo dei biocarburanti, promuovendo il "modello" brasiliano come una soluzione che potrà far uscire dalla povertà i paesi in via di sviluppo, contribuire alla lotta al cambiamento climatico e risolvere gran parte dei problemi europei di dipendenza energetica da pochi paesi produttori.

Lula ha cercato anche di rassicurare gli ambientalisti e quanti in Europa guardano ancora con sospetto a questo modello, perché temono gli effetti negativi (in termini sia di prezzi che di sicurezza alimentare) della conversione delle colture dalla produzione di cibo a quella di biocarburanti, nonché la possibile spoliazione delle risorse naturali, come le foreste amazzoniche, per soddisfare il bisogno sempre crescente di nuove superfici agricole.

Il presidente brasiliano, inoltre, ha ripreso un principio tipico delle rivendicazioni ecologiste, quello della "democratizzazione" dell’accesso all’energia (non solo alle forniture, ma anche alla produzione). La "rivoluzione dei biocarburanti", ha detto, permetterà di sostituire i 20 paesi che oggi producono petrolio con un centinaio di paesi che coltivano piante da biocarburanti. Poche nazioni hanno la tecnologia per le prospezioni petrolifere e l’estrazione del greggio, «ma tutti i paesi e tutti gli uomini, anche i più modesti, hanno la tecnologia per scavare 30 cm nel terreno e piantare una piantina che può produrre dell’energia», ha osservato Lula.

Il presidente brasiliano, che ha cominciato la sua offensiva diplomatica ieri a Lisbona, dopo aver incontrato il presidente di turno dell’Ue e premier portoghese José Socrates e il presidente della commissione europea José Manuel Barroso, ha visto il presidente del Parlamento europeo Hans-Gert Poettering e ha partecipato prima a una grande conferenza internazionale sui biocarburanti, e poi a un convegno della fondazione Italianieuropei, insieme al ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema. L’offensiva è stata accompagnata da un articolo sul numero odierno del quotidiano francese Libération intitolato «Il mio progetto per il Pianeta».

Anche grazie all’appoggio di D’Alema, Lula ha già cominciato a esportare il suo "modello" con l’accordo di triangolazione firmato a fine marzo fra l’Eni e la compagnia brasiliana Petrobras: le piantagioni (come la canna da zucchero) saranno coltivate in Angola, la trasformazione delle derrate in bioetanolo e biodiesel avverrà nelle raffinerie Eni di Livorno, e i biocarburanti saranno poi inviati in tutta Europa. «L’accordo con Petrobras farà dell’Eni il principale produttore di biocarburanti per i mercati europei», ha detto D’Alema, secondo cui si tratta di «un’operazione gigantesca».

Lula ha avuto anche degli accenti critici nei riguardi dell’Ue, quando ha avvertito che «non si deve guardare ai biocarburanti solo in termini di profitto», e ha chiesto invece «più solidarietà». In altre parole, l’Europa dovrà accettare di importare i biocombustibili dai paesi in via di sviluppo, e non cercare di svilupparne la produzione in casa propria, dove sarebbero anche più costosi e meno efficienti in termini energetici.

Il commissario Ue al Commercio, Peter Mandelson, è intervenuto al convegno sui biocarburanti per dire proprio questo: «L’Europa - ha osservato - dovrà essere aperta e accettare che si importi una gran parte delle risorse di bioenergie... non dovremo favorire una produzione di biocarburanti nell’Ue, con una bassa ’performancè in termini di risparmio di CO2, se potremo importarne di meno inquinanti e a costi più bassi».

lastampa.it


 
 
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