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Vaccini Dubbi sul vaccino Hiv

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Sollevati dalla prestigiosa rivista JAMA

Il vaccino contro il papillomavirus, approvato dalla Food and Drug Administration (l’organo statunitense per il controllo dei farmaci) nel giugno 2006 e disponibile da qualche mese anche in Italia, non dovrebbe essere reso obbligatorio: prima che i governi adottino questa soluzione di politica sanitaria si dovrebbe avere un numero maggiore di dati circa la durata della copertura del vaccino e l’insorgenza di eventuali effetti collaterali. Lo sostiene un editoriale pubblicato sull’ultimo numero del Journal of the American Medical Association.

Il vaccino. Il vaccino contro il papillomavirus (HPV) protegge da quattro ceppi virali della patologia sessualmente trasmessa più diffusa al mondo, tra i quali due (i tipi 16 e 18) che causano il 70 per cento dei tumori del collo dell’utero, e due (i tipi 6 e 11) che causano il 90 per cento delle verruche genitali. Ogni anno milioni di donne vengono contagiate dall’HPV, e centinaia di migliaia sviluppano un tumore del collo dell’utero. Dai dati raccolti sino a questo momento risulta che il vaccino è particolarmente efficace se somministrato a donne che non siano ancora sessualmente attive; negli Stati Uniti il comitato dei Centers for Disease Control and Prevention che si occupa di vaccinazioni raccomanda di somministrarlo di routine a ragazze di 11/12 anni di età. La vaccinazione non è stata approvata nei maschi perché su di essi non sono stati condotti sufficienti studi. L’introduzione di questo vaccino è stata accolta da molti medici come una vera rivoluzione. Il legame tra l’infezione da HPV e un aumentato rischio di sviluppare tumore alla cervice uterina è infatti noto da tempo.

La discussione in merito. Immediatamente dopo l’approvazione negli Stati Uniti alcuni stati, tra cui il Texas e la Virginia, avevano dichiarato il vaccino obbligatorio. A questi primi atti, però, è seguito un dibattito di natura scientifica ed etica. Si è creata una spaccatura tra coloro che ritengono sia preferibile "consigliare" ai genitori di vaccinare le loro bambine e coloro che ritengono corretto comprendere anche questa vaccinazione tra quelle obbligatorie a cui i bambini sono normalmente sottoposti almeno nel nord del mondo.
I motivi di questa contrapposizione sono molteplici. L’eventualità di una campagna di vaccinazione obbligatoria per l’HPV non ha trovato favorevoli, negli Stati Uniti, alcuni gruppi religiosi conservatori; questi sostengono che la somministrazione di un vaccino contro le malattie sessualmente trasmesse incoraggi la promiscuità dei giovani, minando le campagne a favore dell’astinenza, molto diffuse negli Stati Uniti.
Per altri non è eticamente corretto procedere ad una sorta di "sperimentazione" su larga scala rendendo obbligatoria la vaccinazione: nei soli Stati Uniti si tratterebbe di somministrare il vaccino tetravalente a circa due milioni di ragazze senza avere dati certi su eventuali effetti collaterali.
Non sono in pochi, inoltre, ad avanzare dubbi su pressioni esercitate dalla casa produttrice del vaccino nei confronti dei politici al fine di caldeggiare l'obbligatorietà del vaccino. Nel prescrivere il vaccino ad una ragazza tra i 9 e i 12 anni un medico coscienzioso dovrebbe comunicare all’interessata e ai suoi genitori che "le tre iniezioni probabilmente proteggeranno da un’infezione che si può contrarre solo sessualmente, ma le ricerche condotte sino ad ora non hanno ancora dimostrato quanto durerà questa copertura e che effetti collaterali può avere il vaccino", sostiene l’editoriale pubblicato sul JAMA.

Bibliografia. Gostin LO et al. Mandatory HPV Vaccination. Public Health vs Private Wealth. JAMA 2007; 297:1921-23.
emanuela grasso


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