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Infanzia Allattamento, al seno si risparmia

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I bambini sono più sani ed hanno bisogno di meno visite

di Letizia Gabaglio

L'allattamento al seno è uno scudo naturale contro malattie e infezioni del neonato. Le prove scientifiche sono così evidenti che l'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'Unicef da tempo hanno inserito nelle loro raccomandazioni quella di nutrire in maniera esclusiva con il latte materno i bambini fino al terzo mese di vita, e di continuare se possibile fino al sesto. Ora però a queste evidenze se ne aggiungono altre, di tipo economico. Una ricerca italiana ha stimato infatti in modo diretto il rapporto costo-beneficio dell'allattamento al seno: 20 euro risparmiati a neonato in termini di visite ambulatoriali e ricoveri, a cui si aggiungono i soldi necessari all'acquisto del latte artificiale, circa 124 euro. “Secondo noi questa è una stima per difetto”, spiega Adriano Cattaneo, epidemiologo dell'Unità per la Ricerca e i Servizi Sanitari e la Salute Internazionale dell'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste che ha coordinato la ricerca. “Abbiamo volutamente escluso dal disegno dello studio i neonati prematuri e abbiamo seguito le condizioni dei bambini fino a un anno. Se avessimo continuato più a lungo la differenza sia in termine di salute sia di risparmio sarebbe stata ancora più evidente”.

Il risparmio deriva dalla protezione che questo alimento assicura dalle malattie che colpiscono i bambini nei primi anni di vita: otiti, polmoniti, diabete di tipo 1, infezioni intestinali ed eczema. Studi svolti in Australia hanno evidenziato che se la percentuale di mamme che allattano al seno salisse dal 60 all'80 per cento il governo potrebbe risparmiare 11,5 milioni di dollari all'anno in cure sanitarie. L'Università di Amsterdam ha invece stimato in 850.000 dollari il risparmio provocato da un aumento del 5 per cento nel tasso di diffusione dell'allattamento materno.

Lo studio italiano, pubblicato su Acta Pediatrica, ha coinvolto 10 ospedali del Nord Italia per un totale di 842 neonati, registrando il tipo di allattamento e seguendo la salute dei piccoli. A tre mesi di vita, il 56 per cento dei lattanti risultava nutrito esclusivamente al seno, il 17 per cento in maniera mista, e il 27 per cento solo con latte artificiale. “Un andamento in linea con i dati nazionali”, spiega Cattaneo. “Se è vero infatti che al momento del parto il 90 per cento delle donne sceglie di allattare al seno, alle dimissioni solo circa il 60 per cento continua, a tre mesi la percentuale scende al 30 per cento, e al 10 dopo sei mesi”. Queste cifre dimostrano che già in ospedale l'allattamento viene in qualche modo ostacolato: “la routine del reparto, la mancanza di competenze, l'organizzazione dei servizi giocano un ruolo determinante” , va avanti l'epidemiologo. E anche una volta tornate a casa le donne che decidono di continuare ad allattare al seno non sono tutelate.

A questo proposito il disegno di legge approvato lo scorso 14 luglio dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro della Salute Livia Turco, spinge verso una maggiore tutela della salute della madre e del bambino, accogliendo tra le altre cose le raccomandazioni dell'Oms per quanto riguarda l'allattamento al seno. “Ma di strada da fare c'è ne è davvero tanta: in Italia su 700 ospedali che hanno un reparto maternità solo sette si possono considerare 'amici dei bambini', si sono cioè organizzati in modo da favorire l'allattamento al seno”, sottolinea Cattaneo. Ma anche la legislazione che regola il ritorno al lavoro dopo il parto dovrebbe essere modificata in modo da permettere un allattamento fino al sesto mese. “E che dire poi delle donne precarie, senza alcuna forma di tutela per la maternità?”, fa notare Cattaneo.

I ricercatori di Trieste hanno anche stimato il vantaggio in termini di numero medio di visite ambulatoriali per bambino all'anno: 4,9 per i neonati allattati al seno contro le 6 del gruppo degli alimentati in maniera mista o solo artificiale. Anche i ricoveri sono stati inferiori: 10 su 100 nel primo gruppo, contro i 17 su 100 del secondo. “Si dimostra così che il latte materno non può essere sostituito da altri alimenti”, continua l'epidemiologo. I casi in cui questo si rende obbligatorio sono piuttosto rari: nel caso di infezione da Hiv, per mancanza di produzione da parte della madre o per malattie metaboliche e malfomative del bambin.
Galileonet.it, 28 luglio 2006



 
 
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