Anche basse dosi di esposizione possono danneggiare il DNA
Un rapporto della National Academy of Sciences degli Stati Uniti conferma che i rischi dell'esposizione a basse dosi di radiazioni aumentano col crescere della dose, ma soprattutto suggerisce che non esiste un livello di radiazioni da considerare sicuro. Si tratta di una conclusione che negli ultimi 15 anni era stata già prevista, e che contraddice l'ipotesi - avanzata da qualche scienziato - che piccole quantità di radiazioni siano innocue o addirittura benefiche.
La commissione BEIR-VII (Biological Effects of Ionizing Radiation VII) ha esaminato i rischi di esposizione a radiazioni sia naturali sia prodotte dall'uomo, a dosi pari o inferiori a 0,1 Sievert (Sv), più o meno 40 volte la quantità cui un individuo medio viene esposto in un anno. Per un americano tipico, l'82 per cento delle radiazioni cui è esposto proviene da fonti naturali quali il gas di radon che fuoriesce dal terreno; il resto proviene soprattutto da procedure mediche come i raggi X.
La commissione ha scoperto che il modello LNT (linear, no-threshold), che mette in relazione diretta le dosi di radiazione con i danni al DNA, è valido. Alcuni scienziati avevano suggerito che piccole dosi di radiazione fossero innocue o che potessero addirittura stimolare la riparazione del DNA e altri processi protettivi. Ma questa ipotesi non ha finora trovato conferme.