I cambiamenti nella frequenza cardiaca durante l’esercizio e la fase di recupero dall’esercizio sono mediati dal bilanciamento tra attività simpatica e vagale.
Le alterazioni nel controllo neurale della funzione cardiaca contribuisce al rischio di morte improvvisa.
Ricercatori dell’Université Paris-5 hanno valutato l’ipotesi che tra persone apparentemente sane, il rischio di morte improvvisa fosse più alto in presenza di profili alterati di frequenza cardiaca durante l’esercizio ed il recupero.
L’analisi è stata effettuata su 5713 lavoratori maschi asintomatici, di età compresa tra 42 e 53 anni, nessuno dei quali aveva malattia cardiovascolare clinicamente evidente.
Questi soggetti sono stati sottoposti a test di esercizio graduale tra il 1967 ed il 1972.
Durante il periodo di follow-up di 23 anni, 81 persone sono morte improvvisamente.
Il rischio di morte improvvisa da infarto miocardico è risultato aumentato nei soggetti con una frequenza cardiaca a riposo superiore a 75 battiti per minuto ( rischio relativo, RR = 3,92 ).
Un incremento del rischio è stato anche osservato nelle persone con un aumento della frequenza cardiaca durante esercizio inferiore a 89 battiti per minuto ( RR = 6,18 ) e nelle persone con una riduzione nella frequenza cardiaca inferiore a 25 battiti per minuto dopo aver terminato l’esercizio ( RR = 2,20 ).
Dopo aggiustamento per le potenziali variabili confondenti, questi tre fattori sono rimasti fortemente associati ad un aumentato rischio di morte improvvisa, con un moderato ma significativamente incremento del rischio di morte per ogni causa ma non di morte improvvisa per infarto miocardico.
Questo studio ha dimostrato che il profilo di frequenza cardiaca durante esercizio e la fase di recupero è un predittore di morte improvvisa.
Jouven X et al, N Engl J Med 2005; 352: 1951-1958
www.cuore.it