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La pesca mondiale aumenterà del 30 per cento nei prossimi 10 anni

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Ci vuole una politica mondiale di controllo sulla pesca


Il pesce pescato nel mondo ha raggiunto nel 2002 il nuovo picco di 133 milioni di tonnellate, mentre il consumo totale di prodotti ittici a livello mondiale potrebbe raggiungere 179 milioni di tonnellate nel 2015, un aumento di 47 milioni di tonnellate (il 30 per cento circa) rispetto al 2002. Ma una parte rilevante di questa crescita dovrà essere soddisfatta dalla pesca d’allevamento, che nel 2015 potrebbe arrivare a rappresentare il 39 per cento dell'intera produzione ittica.
Lo afferma la FAO nel suo rapporto biennale su "Lo Stato della Pesca e dell'"Acquacoltura nel mondo" (SOFIA l’acronimo inglese).
Secondo il rapporto, però, il ripopolamento degli stock ittici di mare aperto è “una difficile necessità” .

A partire dagli anni '50, afferma il rapporto, si è assistito "ad un calo costante del potenziale di sfruttamento degli stock ittici marini, insieme ad un aumento dello stock classificato come ipersfruttato o esaurito".

Allo stato attuale, riferisce il SOFIA, il tre per cento degli stock marini sono sotto-sfruttati, mentre il 21 per cento sono moderatamente sfruttati e potrebbero sostenere un modesto incremento nel livello di prelievo.

Il 52 per cento è sfruttato al massimo della sua capacità, il che vuol dire che il livello di prelievo coincide con il massimo della loro riproduttività biologica. Un aumento nella pesca di questi stock non produrrebbe nessun prelievo aggiuntivo sostenibile e causerebbe una riduzione della riproduzione a livelli pericolosamente bassi. Il restante 24 per cento è sfruttato in eccesso (16 per cento), è esaurito (7 per cento) o si sta riprendendo da una situazione di totale impoverimento (1 per cento).

Sette delle prime dieci specie marine - che insieme rappresentano circa il 30 per cento di tutta la pesca di cattura - sono sfruttate al massimo della loro capacità o in eccesso e se si aumenta ulteriormente la loro capacità di prelievo si arrecherà un serio danno biologico ed economico a queste specie.

La situazione è più critica nell’Oceano Atlantico Nord orientale, nel Mediterraneo, nel Mar Nero, seguiti dall’Atlantico nord occidentale e sud orientale, dall’Oceano Pacifico sud orientale e dall’Oceano Antartico.

“L’esaurimento degli stock ha serie implicazioni per la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico, riduce il welfare e mette a repentaglio l’integrità dell’ecosistema marino”, ha affermato Ichiro Nomura, Vice Direttore Generale della FAO, del Dipartimento della Pesca.
“È necessario ripopolare gli stock esauriti, ma è altrettanto importante intervenire subito per evitare di impoverire quelli ancora in buona salute. Questo si può fare innanzitutto adattando l’attività di pesca a quello che questi stock sono in grado di sostenere”, ha aggiunto.

Il rapporto suggerisce alcune strategie per consentire il ripopolamento: diminuire in modo significativo, o addirittura interrompere temporaneamente, la pesca nelle zone ipersfruttate, fermare il degrado dell’ambiente subacqueo e recuperare gli habitat danneggiati.

Considerati i progressi molto limitati fatti a questo riguardo nell’ultimo decennio, ripopolare gli stock esauriti portandoli a sani livelli di biomassa entro il 2015 – uno degli obiettivi stabilito nel 2002 al Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile, rappresenta secondo il SOFIA una sfida “prioritaria”.
FAO
Lanci zadig


 
 
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