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Elettrosmog Batteri e magnetismo

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Osservato per la prima volta l’effetto biologico di un campo magnetico



Qual è l’effetto dei campi magnetici sulle creature viventi? Da decenni gli scienziati cercano di rispondere a questa domanda, per esempio studiando come gli uccelli migratori riescano a percepire il campo magnetico della Terra, ma non sono mai riusciti a isolare le reazioni biochimici responsabili del fenomeno. Alcuni ritengono che anche i campi prodotti dalle linee dell’energia elettrica possano essere dannosi, eppure nessuno ha mai trovato prove convincenti di eventuali effetti biologici dei magneti.
Almeno finora. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford ha dimostrato che un debole campo magnetico può influenzare la produzione di una determinata molecola che si trova in un batterio fotosintetico. Si tratta della prima volta che viene osservato un effetto magnetico di questo tipo, spiega il chimico Peter Hore, che ha guidato lo studio.
Gli scienziati già sapevano che i campi magnetici possono influenzare alcune reazioni chimiche che coinvolgono radicali, molecole con elettroni non accoppiati. Ma queste reazioni riguardano molecole che non si trovano nelle creature viventi. Rimaneva il dubbio se simili effetti potessero verificarsi anche in sistemi biologici reali. Il team di Hore ha usato una varietà mutante del batterio Rhodobacter sphaeroides chiamata R-26, priva di una sostanza protettiva (un carotenoide) che normalmente assorbe i radicali danneggiati. “Il batterio - spiega Hore - è stato modificato deliberatamente per essere sensibile ai campi magnetici. Volevamo massimizzare questo effetto”.
Il batterio contiene una coppia di molecole di clorofilla che gli consentono di raccogliere energia dalla luce. Ma il processo si basa su una cascata di reazioni chimiche che possono anche trasformare l’ossigeno dell’aria in una forma di ossigeno altamente reattiva (singoletto), in grado di danneggiare il DNA o le proteine in una cellula. Un campo magnetico modifica leggermente questa sequenza di reazioni stabilizzando una molecola radicale formata dalla clorofilla, che altrimenti genererebbe l'ossigeno singoletto.
Gli scienziati hanno rimosso le molecole fotosintetiche da R-26 per studiarle, e hanno scoperto che un campo magnetico di 20 millitesla (pari a soltanto 400 volte il campo magnetico terrestre) è sufficiente a ridurre la produzione di ossigeno singoletto di oltre il 50 per cento. In presenza di questo campo magnetico, le molecole fotosintetiche risultano dunque protette dai danni della forma reattiva di ossigeno.
Lo studio è stato pubblicato online sulla rivista “Chemical Communications”.
(lescienze.it)




 
 
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