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Psicologia Ansia e depressione – prima parte

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-Come il respiro può agire su questi stati psicologici -


Ansia e depressione fanno parte delle epidemie del nuovo secolo secondo Martin Seligman, ex presidente dell’American Psycological Association. La situazione è confermata anche dal consumo elevato di ansiolitici e antidepressivi, che pone farmaci come Valium e Prozac tra i più venduti nel mondo, nonostante gli effetti collaterali per nulla trascurabili : tra questi, il rendere la persona meno consapevole rispetto alle origini del suo stato ansioso o depressivo, addormentarne la coscienza, lasciandola con meno risorse per affrontare il proprio disagio.
L’attenzione alla propria esperienza di vita viene così dirottata all’equilibrio neuromolecolare: di conseguenza un disagio passeggero può facilmente diventare cronico. In adolescenti e ragazzi i risultati sono ancora più devastanti: perdita dell’autostima, disturbi nella corretta maturazione neurologica, predisposizione a problemi di dipendenza (ma almeno la responsabilità del disagio psichico passa dalla famiglia a quella del giovane paziente, e gli equilibri di casa possono mantenersi).
La filosofia che sta alla base della prescrizione degli psicofarmaci vede nell’uomo solamente un corpo - mortale, deperibile, fragile -, senza considerare la complessità dell’essere umano, che è anche emozioni, pensieri e anima, con le sue straordinarie possibilità di guarigione.
Chi segue le forme di terapia naturale non perde di vista questa ottica, e dà (o dovrebbe dare) molta importanza a come una persona respira, pensa, cosa prova a livello emozionale, perché è qui e non nelle molecole - che si possono però brevettare… - la chiave della guarigione. Nella salute e nella malattia tutto l’essere, e non solo il corpo, è coinvolto: ansia e depressione presentano correlati su tutte e quattro le sfere dell’esistenza umana: corpo, emozioni, mente e anima – quest’ultima strettamente legata al modo in cui ci si pone rispetto alla vita, alla morte, alla malattia, al mistero ed alla bellezza dell’esistenza -.
Il respiro rispecchia bene questi legami: a livello fisico si nota una grande tensione, soprattutto a livello di cassa toracica. Considerando che normalmente un essere umano usa solo 1/3 della sua capacità respiratoria e, come diceva Lowen, padre della bioenergetica, l’uomo respira più per vivere che per sopravivere, lascio immaginare quanta aria prendiamo. Quando invece la superficie media degli alveoli polmonari è di ben 130 mq!
La questione è nella capacità polmonare o di allenamento: anche gli sportivi posso avere simili difficoltà, le quali si manifestano quando si respira in stato di rilassamento e da fermi. In questa condizione sono possibili grandi trasformazioni e numerosi meccanismi difensivi scattano per proteggerci dal cambiamento, visto come la fine di qualcosa e quindi intrinsecamente minaccioso. L’apnea ed il sonno sono le resistenze che più frequentemente compaiono, assieme alla tendenza a muoversi, grattarsi, aprire gli occhi, pensare ad altro, e così via.
Tipicamente, quello che si osserva nella persona ansiosa è una tendenza a stare in apnea a polmoni pieni, con un espiro difficoltoso ed irregolare, rotto da lievi spasmi muscolari a livello dell’apparato respiratorio e locomotorio, a volte somiglianti a dei tic nelle situazioni più evidenti.
La persona depressa tende invece a trattenere il respiro a polmoni vuoti, facendo lunghe pause in apnea e trovando molta più difficoltà nell’inspirazione.
Il depresso non inspira perché non vuole che nuova vita entri: sentire troppo fa male, soprattutto la tanta tristezza e la rabbia, dovute alla perdita di una persona o di qualcosa comunque d’importante. Ma non prendere aria si correla anche alla difficoltà a ricevere. A livello mentale infatti troviamo pensieri aventi per tema “Non merito”, “Non sono degno di”. A livello spirituale c’è l’incapacità di lasciare andare, di chiedere ed accogliere: non ci può essere che una lenta morte per inedia.
Nel caso dell’ansioso l’emozione che prevale è la paura – si trattiene il fiato quando si prende uno spavento. A livello mentale il pensiero di base è “Devo trattenermi”, “Nascondermi”, “Difendermi”. A livello spirituale corrisponde una situazione di stallo, di attesa che il pericolo passi, di sospetto nei confronti del nuovo ed inatteso. Possiamo parlare di “congelamento” esistenziale.

Alessandro D’Orlando, psicologo, formatore, 348-2439492, adorlando@libero.it



 
 
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