Alte quantità di platino nelle donne con protesi
(ANSA) -ROMA, 27 AGO 2004- La bellezza di un seno ritoccato col silicone puo'
celare una minaccia insidiosa per la salute della donna, il platino, trovato
in concentrazioni tre volte piu' elevate rispetto alle donne col seno naturale.
L'allarme e' dei ricercatori della American University guidati da Susan
Maharaj, che hanno presentato il loro lavoro al meeting della American Chemical
Society tenutosi a Philadelphia.
Il platino usato per questi interventi e' molto pericoloso, dicono gli esperti,
perche' e' nella sua forma piu' reattiva, che serve a dare al silicone una
consistenza piu' naturale.
Questo metallo, che in tale forma dovuta al trattamento con acidi puo' compromettere
le funzioni nervose, e' stato trovato in alte concentrazioni non solo nel
seno ma anche nel midollo osseo delle donne con l'impianto e nei neonati
allattati da queste successivamente.
Trovare tracce di platino nell'organismo non e' insolito, spiega l'esperta,
ma quello usato negli impianti al silicone si distingue da quello assorbito
come contaminante ambientale. Il primo, avverte Maharaj, puo' depositarsi
nelle terminazioni nervose disturbando la trasmissione del messaggio nervoso
tra i neuroni. La presenza di platino nell'organismo delle donne operate
per aumentare le dimensioni del proprio seno e' stata rilevata in anni di
studi su centinaia di donne. Le quantita' trovate sono tanto piu' grandi
quanto piu' e' datata l'operazione effettuata, forse per la capacita' di
questo metallo pesante di disperdersi lentamente.
In alcune delle donne esaminate finora, osserva Ernest Lykissa, tossicologo
e coautore della pubblicazione presentata alla conferenza, sono stati riscontrati
dei problemi a carico del sistema nervoso. Si va da tic a difficolta' visive
e uditive. Anche nei bimbi nati da queste donne dopo l'operazione e allattati
al seno, prosegue Lykissa, si sono riscontrati problemi simili. Ma, avverte,
e' prematuro pensare a una connessione certa tra la presenza di platino
e il passaggio della sostanza di madre in figlio e questi disturbi. Sono
dunque necessari nuovi studi, conclude Lykissa, per studiare a fondo il
fenomeno osservando campioni piu' vasti di donne.
(ANSA).
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