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Fisiologia Batteri intestinali e cervello

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I probiotici influenzano il nostro umore
-

2014

di Francesco Bottaccioli*
Grazie a una pubblicità martellante (le fans del Bifidus!) oggi molti conoscono l’esistenza di una
sterminata popolazione microbica, di alcune centinaia di specie e migliaia di miliardi di microbi per
un totale stimato dieci volte superiore alla somma di tutte le cellule dell’organismo umano, che
abita stabilmente il nostro intestino, ma anche le altre mucose (respiratorie, urogenitali) e tutta la
superficie cutanea.
Da tempo sappiamo che la salute di questo grande coinquilino, battezzato microbiota o microbioma,
è molto importante per la nostra salute, in particolare perché esso ha una notevole influenza sul
sistema immunitario, che non a caso, proprio nell’intestino e nelle altre mucose, ha un suo
distaccamento di ampie proporzioni, il cosiddetto sistema immunitario delle mucose (MALT nella
sigla internazionale).
La novità degli ultimi tempi è che il microbiota viene studiato non solo dai gastroenterologi e dagli
immunologi, ma anche dai neuroscienziati. Una importante rivista di neuroscienze come Nature
Reviews Neuroscience ha recentemente ospitato una ampia rassegna, scritta da due ricercatori del
dipartimento di psichiatria della irlandese Cork University, sull’ “Impatto del microbiota sul
cervello e sul comportamento”. Che emerge da queste ricerche? Che la comunicazione tra cervello
e microbiota intestinale è a due direzioni, nel senso che si influenzano vicendevolmente, nel bene e
nel male. Per esempio, una condizione di stress emozionale altera la composizione del microbiota e,
a sua volta, una condizione di stress infiammatorio intestinale altera l’attività cerebrale.
Con quali meccanismi? Gli effetti dello stress cerebrale vengono mediati dal rilascio di cortisolo e
adrenalina e noradrenalina che modificano l’equilibrio tra ceppi batterici e sistema immunitario
locale; al tempo stesso gli ormoni dello stress rendono la barriera intestinale più permeabile ai ceppi
patogeni presenti nella mucosa che quindi traslocano all’interno dell’intestino. In direzione opposta,
un’alterazione del microbiota intestinale determina il rilascio di citochine infiammatorie che,
viaggiando con il nervo vago e con il sangue, raggiungono il cervello.
La verifica della correttezza di questo ragionamento viene anche da studi sperimentali e clinici. C’è
una certa evidenza clinica sul ruolo della somministrazione di probiotici nel ridurre l’ansia,
diminuire la risposta di stress e migliorare l’umore in persone con Sindrome dell’intestino irritabile
e fatica cronica.
Altri studi sia sull’animale che su gli umani hanno mostrato che un cocktail di probiotici
(Lactyobacillus helveticus e Bifidobacteria longum) riduce sia l’ansia che il cortisolo e alza la soglia
del dolore.
Al rovescio: l’uso di antibiotici nell’animale oltre ad alterare patologicamente l’equilibrio del
microbiota (causando disbiosi) altera anche il comportamento, determinando ansia. Interessante è il
fatto che viene ridotto il livello del Fattore nervoso di derivazione cerebrale (BDNF) in due aree
chiave del cervello, nell’ippocampo e nell’amigdala, con conseguenze negative sull’umore e sulla
cognizione.
*Presidente onorario della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia
PUBBLICATO SU REPUBBLICA DEL 4.12.2012.


 
 
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