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Ecologia Rigassificatore a Trieste?

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Franz Maleckar è un attivista di Alpe Adria Green, l’associazione ambientalista che, pochi giorni fa, ha consegnato un rapporto alle autorità slovene in cui suggeriva di bocciare la costruzione del rigassificatore di Zaule.


Questi documenti, tra le altre cose, hanno influenzato il Governo sloveno al ‘ne‘ (no) sul rigassificatore.

Signor Maleckar, può presentare brevemente i progetti di rigassificatore che interessano Trieste?
I piani sono due. Il primo prevede la costruzione di un impianto a Zaule, nell’area ex Esso, collocata fra la ferriera e l’inceneritore. Dovrebbero sorgere due depositi non interrati, gestiti dalla spagnola Gas Natural, capaci di contenere ciascuno 150.000 metri cubi di gas naturale. Da lì dovrebbe poi allungarsi un molo per accogliere le gasiere.
Il secondo progetto, invece, prospetta la costruzione di un impianto off-shore, a circa una decina di chilometri dalla costa. La sua realizzazione è però molto incerta: Illy lo aveva bocciato, anche se poi il progetto non è mai stato abbandonato formalmente.
Quale sarebbe l’impatto ambientale del rigassificatore di Zaule?
Devastante, innanzitutto per il passaggio delle gasiere. La baia in questione è poco profonda e presenta un fondale limaccioso, ricco di sostanze potenzialmente molto pericolose. Ci sono notevoli quantità di cromo, zinco e, soprattutto, mercurio. La costruzione del rigassificatore richiederebbe di aumentare la profondità della baia, per favorire il transito delle navi. I lavori di dragaggio, quindi, finirebbero per mettere in circolo queste sostanze oggi depositate.
Le stesse gasiere, poi, passando finirebbero per alzare il limo del fondale, contribuendo alla diffusione delle stesse sostanze. Si è calcolato che, con un traffico di 107 navi all’anno nella Baia di Zaule, ogni chilo di pesce pescato conterrebbe mediamente di 50 microgrammi di mercurio.
E quale sarebbe l’impatto degli impianti?
Altrettanto dannoso. Il gas è trasportato sotto forma liquida a una temperatura di -174 gradi centigradi. Per utilizzarlo, però, è necessario ricondurlo allo stato aeriforme. La trasformazione richiede un consistente riscaldamento del liquido, ottenuto prelevando il calore direttamente dal contatto col mare. Così facendo, però, si reimmetterebbero fiumi di acqua gelata nella Baia, determinando un abbassamento della temperatura sul fondo di circa 5 gradi in tutto il Golfo.
Le conseguenze sull’ecosistema sarebbero tremende, tanto più se consideriamo che queste acque sono scelte da molte specie dell’Adriatico settentrionale per deporre le uova. Il disastro non sarebbe quindi solo locale, ma regionale. Senza considerare che il mare funge da “ammortizzatore” climatico: se la sua temperatura si abbassasse, ci sarebbero probabili effetti sul clima, con ricadute anche per il settore agricolo.
Per placare queste polemiche, è stata ventilata l’ipotesi di alzare la temperatura del gas liquido con l’acqua già riscaldata dall’inceneritore. Peccato che, affinché una simile soluzione sia sostenibile, l’inceneritore dovrebbe bruciare qualcosa come 1200 tonnellate di rifiuti al giorno. Sarebbe necessario far crescere lo stabilimento e la quantità di diossina emessa aumenterebbe conseguentemente. Ricordo che l’Italia, come gli altri paesi Ue, è tenuta a ridurre l’emissione di gas serra del 20% entro il 2020. Sia l’aumento dell’inceneritore che la costruzione del rigassificatore andrebbero nella direzione opposta: lo stato sarebbe costretto a pagare una multa, se non rispettasse gli obiettivi. Come? Coi soldi dei cittadini, naturalmente.
Da più parti, però, si sente dire che il rigassificatore è meno inquinante, per esempio, di una raffineria.
Il metano inquina circa il 20% in meno del petrolio, questo è vero. Però se aggiungiamo l’attività energetica necessaria a liquefarlo e poi a rigassificarlo, il tasso d’inquinamento del gas naturale supera quello del petrolio del 10%.
Mi permetta di aggiungere, poi, che in questo modo non si fa che alimentare la dipendenza del vostro paese dai combustibili fossili. Il gas non sarà più una risorsa “attuale” fra 10 anni. La Svezia sta cercando di eliminare i carburanti fossili entro il 2025, è assurdo che l’Italia continui a investire sulle stesse vecchie fonti.
Però l’impianto di Zaule potrebbe creare nuovi posti di lavoro.
Ne creerebbe di sicuro, ma ne farebbe perdere molti di più. Pensiamo solo alle conseguenze sul settore ittico e su quello turistico. Lo stesso discorso vale per le royalties, le compensazioni economiche alla comunità locale. Gli oneri derivanti dalla realizzazione dell’opera rischierebbero di superare i benefici. E dal momento che i rigassificatori sono degli investimenti garantiti dallo stato, il costo delle royalties verrebbe sostenuto sempre dagli stessi cittadini, tramite un incremento delle bollette.
Nemmeno le presunte necessità energetiche locali sembrano giustificare la costruzione di un impianto simile: lo dicono in pochi, ma il FVG dispone già di un surplus energetico del 10%. Questo significa che il rigassificatore di Zaule sarebbe un impianto principalmente votato all’ esportazione.
Si è detto anche che opere del genere sostengono l’emancipazione energetica del paese. Ma quando mai. Lo sapete chi controlla il gas algerino? Gazprom (è stata siglata un’alleanza fra Gazprom e l’Algerina Sonatrach nel 2006, ndr). E non mi sembra che gli altri grandi produttori di gas naturale, Nigeria in testa, siano dei paesi particolarmente stabili o affidabili.
Non crede che una soluzione come quella del rigassificatore di Rovigo (costruito a 15 km dalla costa, ndr) sarebbe auspicabile?
Non sono pregiudizialmente ostile ai rigassificatori, non fosse per il tasso d’inquinamento che comportano. Il caso di Rovigo, comunque, è diverso: là è la nave stessa a compiere il processo di rigassificazione, non un impianto esterno. L’inquinamento dell’ambiente marino è molto più ridotto. E poi l’installazione al largo di Rovigo è difendibile militarmente senza grosse ripercussioni, a differenza dei due progetti triestini.
Quali rischi vede per la sicurezza?
I rigassificatori sono degli obiettivi ghiottissimi per un terrorista, anche senza voler menzionare i rischi legati a un incidente casuale. Avete visto il finale di Syriana?
Se i depositi di Zaule esplodessero, farebbero molti più morti all’istante della centrale di Krsko.
L’International Maritime Organisation ha disposto un’area di interdizione alla navigazione di 2,8 chilometri e una zona di sicurezza ampia altri due chilometri. Come potrebbe mai essere rispettata nel cuore del porto di Trieste? Le gasiere dovrebbero essere accompagnate dalla marina militare e il traffico portuale ne risulterebbe paralizzato, tanto a Trieste quanto a Capodistria. Un container, per essere concorrenziale, deve essere scaricato entro novanta secondi. Se la immagina una nave commerciale ferma per tre ore? Cambierebbero tutti scalo.
Per non parlare della terraferma: il rigassificatore sorgerebbe in mezzo alla città. E quindi, delle due l’una: o la gente si abitua a vivere coi cecchini sui tetti, o la zona di sicurezza non verrà rispettata.
Se, a suo dire, la costruzione dei rigassificatori presenta tutti questi inconvenienti, quali sono le vere ragioni che si celano dietro una tale insistenza?
Lo stato trae guadagni enormi da questo tipo di traffici. Perché dovrebbe sostenere le fonti alternative, finché i carburanti tradizionali si dimostrano così redditizi? E poi ci devono essere degli interessi di tipo lobbistico.
Il report della sua organizzazione punta il dito contro presunti intrecci fra politica e affari. E la politica, effettivamente, si è spesa molto a favore dei due progetti.
Finché non ho delle prove, non mi pongo nemmeno il problema di un’eventuale corruzione. Mi basta pensare alla rendita politica del progetto. Parliamo di Menia, per esempio, uno dei politici che più ha sostenuto il rigassificatore. Trieste è la sua base ed è una città che tradizionalmente vota a destra. Politicamente, per lui, è molto redditizio battere sul tasto dell’ingerenza slovena, dell’ostacolo allo sviluppo che viene da oltreconfine. A furia di ripetere la parola “sviluppo”, la gente finisce per crederci.
E mi permetta di dire che è sospetto chi paragona il rigassificatore col caso Livarna (un’azienda slovena che inquina l’aria del goriziano, ndr).
Perché? In fin dei conti sempre di inquinamento transfrontaliero si tratta.
Per la pericolosità dell’impianto. E soprattutto perché la Slovenia, a differenza dell’Italia con Zaule, ha fornito tutta la documentazione necessaria.
Quale percorso deve seguire il fronte del No al rigassificatore per avere successo?
L’impianto di Zaule è contrario alla cosiddetta “Legge Seveso II”, che vieta l’avvio di più attività pericolose nella stessa area. Adesso ci siamo appellati al Tar e siamo pronti a proseguire fino alla Corte di Giustizia europea. Se anche non riuscissimo a far valere le nostre posizioni in Italia, non credo che il progetto passerebbe l’esame della giustizia comunitaria: sono troppe le norme violate.
E poi c’è l’aspetto politico: se un impianto del genere vedesse la luce, verrebbe meno lo stesso valore dell’Unione Europea, intesa come organizzazione finalizzata a promuovere il benessere dei suoi cittadini. Io lo vedrei come un colpo persino più duro del no francese alla Costituzione europea. Ad ogni modo, personalmente, non credo che il rigassificatore verrà mai costruito.
labora.it


 
 
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