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Psicologia La curva della felicità

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Ricerca francese: il picco della crisi a 40 anni. Il grande traguardo della gioia si taglia a 65
DOMENICO QUIRICO
CORRISPONDENTE DA PARIGI
Ma allora è vero! I filosofi avevano ben afferrato il bandolo giusto: il denaro non fa la felicità. Adesso è ratificato dalla scienza, certificato dall’Istituto nazionale francese di statistica.
La festosa e limpida sintassi dei loro moduli prova che la curva della gioia di vivere è mediocramente alta a venti anni e varca la soglia infera della angustia quotidiana tra i 45 e i cinquanta, ovvero nel periodo della vita in cui i portamonete (normalmente e statisticamente) sono più gonfi. Ma raggiunge il suo culmine tra i 65 e i 70 anni; prima di ricadere, evidentemente per motivi implacabilmente anagrafici.

Goloso dei giorni
E’ un concetto che dà il capogiro e che rischia di provocare un «1789» dei parsimoniosi attaccati all’osso della pensione minima. Ma allora il pensionato, l’Umberto D. immerso nella Valle di lagrime, un soggetto dal riso difficile, neghittoso e taciturno, in realtà è in sfacciata e vigorosa assonanza con la vita! Che sia colpa di questi tempi calamitosi dove ai giovani restano poche speranze da accudire? Niente affatto: va così da 35 anni, indipendentemente dallo sfondo socio-economico. Il settantenne è sereno, goloso dei giorni a venire sia che impazzino i bollenti anni novanta, sia che arranchino i grigissimi debutti del terzo millennio. Siamo a una svolta. Non a caso un film tedesco come «Settimo cielo», che racconta le gioiose lascivie di una coppia di over sessanta, sta diventando un fenomeno sociale.

Vincente Marcus, che è uno dei coautori dello studio ed è ricercatore al dipartimento economico dell’«Insee», conferma ai dubbiosi e agli scettici che «la domanda è stata posta a mille persone a partire dal 1975, tutti gli anni, un metodo di analisi che permette di compensare qualsiasi effetto di congiuntura o di generazione». La percezione individuale dello stare bene è dunque solida: superato il disperato pozzo dei 47 anni, ci si riconcilia, dopo averci riflettuto su per altri venti, con la vita.

Il senso di felicità dipende ovviamente da molti fattori, il livello di istruzione, la configurazione famigliare e la situazione economica. Ma è quello che conta soprattutto sembrano gli obbiettivi che uno si fissa. E allora via via che si invecchia e si imbocca la via della saggezza, le ambizioni scendono verso il basso e si è felici, come dire, più facilmente.

La stagione del dubbio
Il dato chiave è questa disperazione dei quarantenni, la stagione del dubbio. Certo i guadagni di solito sono al massimo, e ci sono «sfumature» gigantesche legate al lavoro, chi non ha avuto turbolenze domestiche e coniugali è meno pessimista. Ma nessuno sfugge a questa crisi; i quarantenni sono tristi globalmente, come uno è avvocato o padre di famiglia: segni particolari nessuno. E’ l’età in cui il progetto familiare arriva alla fine, il percorso professionale non ha più grandi possibilità di sviluppo, si interrano le illusioni. La fine di un ciclo, insomma una cerniera nell’esistenza.

Il fenomeno della crisi del 45 anno è un fenomeno europeo mentre la felicità dei settantenni sembra piuttosto una caratteristica della eccezione francese. Tanto più clamorosa perché nella carta mondiale della felicità fissata due anni fa dalla università inglese di Leicester, i francesi sono al sessantuduesimo posto, dietro al Surinam, la Colombia e Mongolia: posti dove si fa fatica a collocare il Paradiso terrestre. In Europa solo Greci e polacchi sono più tristi e immusoniti contro il mondo.

Il legislatore sta amorosamente studiando come elevare il limite del lavoro a 70 anni, per ritardare (dice lui) l’angustia di uscire dal mondo degli utili e dei produttori. Sbaglia. I francesi della terza età non assimilano affatto la pensione a una morte sociale o a idee pantofolaie.
Prima di essere avviliti intossicati e depressi dalla malattia o di dover pagare il prezzo dei vuoti negli affetti che si aprono attorno a loro, coniugano perfettamente salute, tempo libero e il denaro che hanno in tasca.
lastampa.it


 
 
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