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Ecologia Caldo da morire

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Presentato a Roma il rapporto Oms-Apat sui danni che il riscaldamento globale procura agli italiani


C'è un legame diretto fra l'innalzamento della temperatura media la mortalità: ogni grado in più corrisponde a un aumento del 3 per cento nelle percentuali di morti. E i 35 mila decessi dell'ondata di calore dell'estate 2003 in Europa sono lì a ricordarcelo. Lo afferma il rapporto sul cambiamento climatico e salute in Italia, coordinato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per conto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), presentato oggi a Roma.

Con il caldo, infatti, aumenta l'inquinamento da ozono, importante fattore di rischio per lo svilupparsi di malattie respiratorie; così come il pericolo di malattie finora considerate tropicali, come la febbre del Nilo occidentale e la leishmaniosi, e quelle legate all'acqua inquinata. Temperatura alte mettono a rischio anche l'igiene dei cibi: negli ambienti con una temperatura al di sopra dei cinque gradi, all'aumentare di 1 °C della temperatura media in una settimana i casi di infezione di salmonella crescono del 5-10 per cento. Il rischio di intossicazione da alghe e da cianobatteri potenzialmente tossici aumenta e le fioriture più precoci sono causa di disturbi allergici, così come una possibile invasione di nuove specie di piante allergizzanti.

Secondo i dati raccolti per il rapporto dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nell'ultimo secolo la temperatura media italiana di 0,7 gradi al nord e 0,9 gradi nel centro e Sud dell'Italia e durante le ultime cinque decadi le precipitazioni sono diminuite del 14 per cento su tutto il territorio nazionale. Dal 1981 al 2004 si è potuto rilevare un aumento del 14 per cento del numero di giornate calde (temperatura massima superiore a 25°C) e fra il 1961 e 2004, si è evidenziata una riduzione media di circa il 20 per cento dei giorni di gelo (temperatura minima inferiore o uguale a 0 gradi).

Secondo lo studio, anche le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare. Attualmente il contributo italiano è pari a circa l'11 per cento delle emissioni in Europa e a circa il 2 per cento delle emissioni globali. Fra il 1990 e il 2005 in Italia le emissioni totali di gas serra sono aumentate di circa il 12 per cento, in particolare per le industrie dell'energia (32 per cento) e i trasporti (26 per cento).

Infine, l'approvvigionamento di acqua potrebbe diventare ancora più problematico di quanto non sia oggi in Puglia, in Basilicata, in Sicilia e in Sardegna, a causa sia della progressiva e crescente scarsità di acqua sia del malfunzionamento dei sistemi di gestione. L'ulteriore diminuzione delle precipitazioni medie potrebbe richiedere il riutilizzo delle acque di scarico e la desalinizzazione delle acque marine. E lo stress idrico potrebbe aumentare del 25 per cento durante questo secolo.(v.s.)

galileonet.it


 
 
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