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Editoriali Il baratto

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E se tornassimo all'economia di scambio?

Nelle società post-industriali in cui domina l’interconnessione planetaria non si riesce più a riconoscere il proprio vicino, i luoghi della socializzazione diminuiscono o perdono di senso, cresce l’isolamento degli individui.Non tutto comunque è perduto, e nuove forme di partecipazione si affacciano sulla scena, anche se il loro significato civico si sta solo recentemente analizzando. Tra queste la crescita di piccoli gruppi, le esperienze di auto-aiuto, i sistemi di economia solidale, la nascita di ecovillaggi, la presenza di nuovi movimenti, le reti di rapporti telematici, etc. La forma di partecipazione forse più rivoluzionaria è rappresentata dalle economie senza denaro, cioè tutte quelle esperienze in cui si ha uno scambio di beni e servizi senza utilizzare la moneta tradizionale.Parliamo di questi sorprendente nuovi sistemi con Maurizio Pittau, economista specializzato in relazioni internazionali autore del recente libro "Economie senza Denaro I Sistemi di Scambio non Monetario nell’Economia di Mercato" (EMI edizioni, pp. 176 € 9). Il volume nonostante il titolo possa spaventare è un testo divulgativo di facile lettura con tanti divertenti aneddoti e pochissimi tecnicismi. L’autore si occupa di cooperazione internazionale collaborando con agenzie delle Nazioni Unite e con organizzazioni non governative operando nello sviluppo locale e il microcredito e ha partecipato a progetti di sviluppo in Africa, America Latina e Balcani dove ha avuto modo di vedere molti dei sistemi descritti nel libro.L'incontro con Maurizio Pittau è avvenuto in occasione di un training sulle economie senza denaro organizzato da Utopie, l’associazione da lui fondata per promuovere economie etiche e stili di vita sostenibili (www.utopie.it). Di fronte alla sua gentile ma carismatica presenza, viene quasi naturale sedersi accanto per conoscere più a fondo le sue idee.Partiamo dall’inizio: cosa sono le economie senza denaro?Possono essere definite economie senza denaro tutte quelle esperienze in cui gli aderenti, su base volontaria, si scambiano beni e servizi senza l’intermediazione del denaro, secondo un rapporto di reciprocità. Generalmente il denaro istituzionale è sostituito con monete particolari o con il tempo. Il fine ultimo è cercare il benessere sociale e individuale attraverso le relazioni interpersonali, piuttosto che con il consumo di beni.Quindi sono un alternativa al mercato…Non esattamente. Non bisogna commettere l’errore di pensare che le varie forme d’economie che fanno a meno del denaro siano un’alternativa alle economie di mercato. Le economie senza denaro sono, infatti, complementari ai sistemi monetari tradizionali e non alternative. Non si tratta dell’abbandono dell’economia mercantile e del ritorno ad un’economia pre-moderna, ma di concepire l’attività economica non solo in una logica individualistica, ma anche di reciprocità al fine di favorire dinamiche di socializzazione. Organizzando nuove forme di scambio, le economie senza denaro ricreano legami sociali attraverso sistemi di scambio non monetari permettendo a persone dello stessa comunità di incontrarsi, scambiare e formare così contatti e reti di convivialità. Malgrado la presenza di strumenti simili a quelli del mercato (moneta complementare, catalogo, offerta, domanda, etc.), le economie senza denaro sono lontani dall'introdurre una logica commerciale nel tessuto delle relazioni di aiuto. Esse mettono piuttosto in gioco una forma di scambio, che crea legame con il dono e che si inserisce in una volontà da parte dei membri di creare un modo più umano di consumare, di scambiare e di produrre.Una forma di baratto?Lo scambio può assumere la forma di baratto quando lo scambio di beni e servizi non passa per l’intermediario di un equivalente generale come la moneta, ma si realizza con lo scambio tra beni aventi lo stesso valore. L’economia senza denaro non è una forma di baratto, ma un sistema di indebitamento multilaterale. Nei sistemi di scambio non monetario il rapporto non è tra me e te, ma tra me è tutti i membri del sistema con cui sono debitore o creditore. La specificità dell'unità di misura delle transazioni sta nel suo carattere socializzante e solidaristico assente nel baratto.Le economie senza denaro si basano sulla fiducia, la reciprocità e il dono, cioè dare, ricevere e restituire. L’originalità di queste esperienze consiste anche nel fatto che esse non riducono il cittadino né ad un lavoratore, né ad un consumatore.Quando ha cominciato ad interessarsi a questi sistemi?Durante i miei studi in economia feci il servizio civile come obiettore di coscienza. Per evitare di fare piccole commissioni e fotocopie per un anno chiesi al mio tutor se era possibile impiegarmi in altre attività. Ebbi carta bianca e decisi di aprire e coordinare un sistema di scambio non monetario di cui avevo letto qualcosa in alcuni giornali.Lei cosa scambiava?Io offrivo assistenza informatica e ricevevo beni e servizi di vario tipo come lezioni di intaglio del legno, torte alla frutta o lavaggio della mia macchina. Attraverso questi scambi non monetari ebbi anche un sassofonista e un violinista che suonarono alla mia festa di laurea! Qualche anno dopo andai a vivere in Inghilterra e per conoscere i miei nuovi concittadini mi iscrissi ad un LETS (Local Exchange Trading System), una economia senza denaro molto diffusa nel Regno Unito. Io offrivo corsi di italiano e ricevevo servizi dagli altri membri (massaggi indiani, stiratura di camicie, guide di bird watching, passaggi in auto, etc.). In questo modo sono riuscito in tempi brevi ad essere accolto in modo molto ospitale nella comunità in cui vivevo.Cosa è necessario per costruire un sistema di scambio non monetario?Molto poco. Basta un computer, la pubblicazione di un bollettino informativo su quello che si offre e che si cerca, riunioni conviviali periodiche, un certo numero di soci (che non deve essere eccessivo), un conto per ciascun socio in cui indicare il "dare" e l’"avere" e una moneta complementare di cui inventare nome e forma.Praticamente una banca.In effetti in Italia l’esperienza di economia non monetaria più diffusa si chiama proprio "Banca del Tempo", in cui non esistono monete complementari, ma è il tempo l’unità di misura: il valore del servizio è determinata dal tempo impiegato nel trasferimento. Tutte le attività sono valutate in tempo e non circola denaro se non quello a copertura delle spese vive (materiali per effettuare una piccola riparazione, materie prime per un dolce, etc.). Però bisogna ricordare che esiste una differenza fondamentale con le tradizionali banche, le quali applicano un interesse positivo, mentre nelle economie senza denaro accade proprio l’opposto con il "demurrage".Cosa è il demurrage?Il "demurrage" consiste in una percentuale di interesse negativo che aiuta a sostenere i costi che possono nascere nel sistema non monetario. E’ una trovata di Silvio Gesell un geniale economista sconosciuto in Italia di cui non esistono libri in commercio tanto che ho pensato di rendere accessibile gratuitamente nel sito della mia associazione il suo libro più famoso (www.utopie.it/economie_senza_denaro/gesell.htm). Secondo Gesell bisogna liberalizzare l’economia per rimediare all’insufficiente disponibilità di denaro e agli squilibri legati alla eccessiva tesaurizzazione. L’idea di Gesell era che i soldi sono un bene pubblico, come il telefono o gli autobus, e che noi dovremmo addebitare una piccola tassa per usarlo. In altre parole, si crea un interesse negativo piuttosto che una percentuale di interesse positivo e con ciò si stimola la circolazione del denaro o di un suo complementare. E’ come se si applicasse il detto di Francis Bacon "I soldi sono come il letame. Se lo spargete in giro fa bene. Se ne fate un mucchio in un posto solo, puzza".Questi sistemi non monetari che "spargono moneta" sono diffusi o sono fenomeni di nicchia?Benché non rappresentino ancora in volume un peso economico determinante, le economie senza denaro ricoprono comunque un ruolo molto importante e in rapido sviluppo. Si è passati in pochi anni da successi isolati ad organizzazioni di reti sempre più diffuse e articolate, smentendo chi ritiene queste forme d’economie autarchiche e chiuse in se stesse come i kibbutz israeliani. Le economie senza denaro sono peraltro destinati a crescere anche per motivi sociodemografici come l’aumento del tasso d’attività femminile e l’invecchiamento della popolazione. Nel 1990 c’erano meno di 100 esperienze di scambio non monetario, ma oggi si possono contare oltre 4.000 comunità che usano sistemi di scambio non monetari per risolvere una vasta gamma dei problemi che variano dalla cura degli anziani alla trasmissione di saperi. Queste esperienze riguardano piccoli gruppi di 50 persone in Australia, una città di 2,3 milioni di persone in Brasile o prefetture di 10 milioni di persone in Giappone. Pensi che in Argentina durante la crisi di alcuni anni fa il "credito" (la valuta del locale sistema non monetario) era più diffuso del "peso", la valuta nazionale.Nel suo libro ha trattato in capitoli differenti le esperienze nei paesi post-industrializzati rispetto a quelle dei paesi del Sud con economia tradizionale. Come mai?Benché il fenomeno si sia sviluppato nello stesso periodo le motivazioni e gli effetti sono diversi rispetto al contesto in qui si sviluppano questi sistemi. Nel mondo "Occidentale" questi sistemi nascono come strumento per la ricerca di rapporti di buon vicinato, l’assistenza agli anziani, la lotta contro il neoliberismo, l’integrazione sociale, etc. Nel Sud con le economie senza denaro si cerca di trovare un’occupazione, di sconfiggere la povertà, di contrastare l’inflazione e le crisi finanziarie, etc. In tutte le esperienze non monetarie comunque l’elemento centrale torna ad essere la persona ed inevitabilmente la relazione tra persone. Ciò che vale non è più la consistenza del conto in banca posseduto, ma la capacità acquisita nelle proprie esperienze di lavoro, le attitudini perlopiù sconosciute o disconosciute, le abilità tecniche maturate o semplicemente la disponibilità di offrire a terzi il proprio tempo.Quale è la situazione in Italia?Come nel resto del mondo negli ultimi anni sono nate numerose sperimentazioni e realtà. In Italia dopo le Banche del Tempo sono nate numerose esperimenti di valute locali. Dalle esperienze della Rete di Economia Locale di Reggio Emilia (in cui si combinavano alcune delle caratteristiche di una carta di credito e di un sistema di baratto e fornendo in più una rete di comunicazione attraverso la quale i membri della comunità potevano andare incontro alle reciproche necessità) si è passati al Sistema di Reciprocità Indiretta a Lecce (dove l’unità che misurava la base soggettiva era il misthòs che corrispondeva a un valore emozionale, ovvero come scritto nello statuto il "grado di libertà del gesto di donazione così come compreso dal ricevente"). A Terni è da qualche mese attivo il "pasqualo", una moneta complementare che permette uno scambio di saperi. In particolare gli associati sono bambini e ragazzi che offrono conoscenze informatiche ad agricoltori che donano storie e informazioni sulla vita dei campi. A Guspini, un comune del cagliaritano, una banca del tempo con 700 associati (in pratica l’intero paese) ha portato a una presa in carico degli spazi verdi abbandonati da parte dei partecipanti. Il risultato è stato un complessivo abbellimento dovuto al recupero delle aiuole spartitraffico e di altri spazi prima abbandonati all’incuria. In questo caso si è manifestato un fenomeno di cittadinanza attiva da parte di aderenti di differente età, sesso e condizione sociale. Valute complementari si utilizzano in molti ecovillaggi: in Piemonte la comunità di Damanhur in Valchiusella utilizza da oltre 30 anni il "Credito", che ha contribuito a costruire e sviluppare una rete di economia solidaristica. In Calabria nel parco dell’Aspromonte sono presenti gli "ecoAspromonti", monete locali con cui è possibile fare acquisti legati al turismo responsabile e ai prodotti tipici. A Milano si stanno sperimentando i "condomìni solidali" in cui i condòmini pur preservandosi uno spazio di privacy e autonomia finanziaria mettono in comune i loro averi e si scambiano beni e servizi.Ma tutto questo non è una forma di volontariato?Nelle economie senza denaro si ottengono servizi, ed oggi anche oggetti, che permettono di soddisfare piccoli bisogni immediati ed al contempo concorrono a potenziare le reti di relazioni e la solidarietà sul territorio. Non si tratta di volontariato, dove i volontari offrono tempo per loro attività ad utenti che ne usufruiranno, ma di reciprocità indiretta, ogni trasferimento accende debiti e crediti nei confronti di tutti gli altri, non del singolo interessato. Tra i tanti effetti positivi che producono le economie senza denaro, trovo molto importante l’aiuto che danno nella promozione della reciprocità e dello spirito di comunità. Non a caso la parola comunità deriva dal latino ***** munere, che significa "donare l’un l’altro". Letteralmente il termine si riferisce ad uno scambio di doni nell’ambito di una comunità. E i doni sono basati sul principio di reciprocità. Quando io do una cosa a te, un giorno riceverò qualcos’altro, io o altri membri della mia comunità. Ecco una buona opportunità per una società che vuol superarare la depressione dei tempi che viviamo avendo presente che insieme al mercato possono convivere economie senza denaro, perché l’essere umano è in primo luogo un essere di relazione e non un essere di produzione. (www.auraweb.it)


 
 
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