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Veterinaria I test sugli animali

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Anche se non sembra, molti detersivi sono testati su animali


Dietro il detersivo più sbiancante, la cera più lucidante e l’ultima eccezionale crema che rende la pelle più vellutata, scorre un mare di sangue e di indicibili sofferenze del mondo animale legate alla sperimentazione.
“Guida ai prodotti non testati su animali”
Antonella De Paola Ed.Cosmopolis
Paola Simonetti
Fonte: www.cosmopolis.it
27 luglio 2004

A colloquio con Antonella De Paola, militante per l’affermazione dei diritti degli animali da anni e collaboratrice dell’Enpa di Savona, che ha pubblicato - per la prima volta in Italia - la “Guida ai prodotti non testati su animali”

6 agosto 2002 - Dietro il detersivo più sbiancante, la cera più lucidante e l’ultima eccezionale crema che rende la pelle più vellutata, scorre un mare di sangue e di indicibili sofferenze del mondo animale legate alla sperimentazione.


La realtà delle grandi multinazionali, americane soprattutto, è un gigantesco inferno per milioni di animali: nei laboratori scientifici ogni anno ne muoiono dai 300 ai 400 milioni di tutti i tipi. Il 70% degli esperimenti riguarda una infinità di prodotti, da quelli cosmetici, agli industriali o bellici: detersivi, colla, forni a microonde, vernici, ombretti e mascara, sigarette, aromi e coloranti artificiali, shampoo, gas di scarico, creme solari, dentifrici, gel per capelli, schiume da barba, e la lista potrebbe continuare a lungo.



I metodi per testare questi prodotti sono tanto feroci quanto fantasiosi e a contribuirvi, nella maggior parte dei casi inconsapevolmente, è la spesa di ogni buon cittadino. Di consumo critico in Italia si è cominciato a parlare da qualche anno, gettando luce sul pesante sfruttamento operato dalle grandi multinazionali sulla manodopera, anche minorile, nei paesi del Terzo Mondo, e in secondo luogo dell’ambiente. Ne ha studiato e parlato per primo il Centro nuovo modello di sviluppo fondato in provincia di Pisa da Francesco Gesualdi, assestando un duro colpo a marchi stranoti con pesanti denunce documentate che hanno sollecitato interventi decisivi. Tuttavia poco o nulla si era ancora detto sullo sfruttamento degli animali nel consumo di massa.
Almeno fino a quando non è stata pubblicata la Guida ai prodotti non testati su animali, la prima in Italia, di Antonella De Paola, militante per l’affermazione dei diritti degli animali da anni e collaboratrice dell’Enpa di Savona.
La guida, delle Edizioni Cosmopolis, è un documento che denuncia a viso aperto le più grandi multinazionali mondiali e le aziende minori affiliate, stilando una lista “nera” e “bianca” dei prodotti da boicottare e da preferire in relazione all’iter di sfruttamento degli animali e, in secondo luogo, dell’ambiente. Un libro certamente scomodo per tutti coloro che temono di veder turbate le tranquille abitudini acquisite, ma che può abbagliare la coscienza a tal punto da cambiare la vita di ognuno, gettando luce su un inferno sommerso.



Antonella, da dove nasce l’idea e la necessità di mettere insieme questa guida?


La molla è scattata leggendo il Manuale del consumo critico edito dal Centro Nuovo modello di sviluppo e incentrato sul maltrattamento di popolazioni povere nel sud del mondo e sullo sfruttamento dell’ambiente. Ho voluto elaborare e approfondire la breve voce dedicata agli animali, lavorando sui cosmetici e sui prodotti per la pulizia della casa. Mi sono spulciata le fonti, ho navigato per settimane su Internet alla ricerca di informazioni sui siti delle singole aziende e sui siti di consumo critico, soprattutto europei. Ho sistematizzato il tutto nella guida. In molti casi ho chiesto dichiarazioni scritte delle aziende sulla loro appartenenza o meno a grandi multinazionali che testano massicciamente sugli animali.



Ci fai un esempio dei tipi di test effettuati per i prodotti di largo consumo…


Per i detersivi, ad esempio, ne esistono diversi: per le allergie cutanee, oculari, per intossicazione interna. Il più famoso test è la cosiddetta “dose letale 50”, che consiste nel somministrare le sostanze sotto esame, pompandole nello stomaco degli animali, e il test termina quando il 50’% degli animali è deceduto. Meglio non immaginare cosa ne è dell’altro cinquanta. Per i cosmetici, il test più diffuso è quello effettuato sui conigli per le allergie oculari: i conigli non hanno lacrime, quindi non si corre il rischio che possano espellere la sostanza spalmata su tutto l’interno dell’occhio. Gli viene bloccata la testa dentro una gogna, in modo che non possano grattarsi con le zampe. Quando la cornea è completamente opacizzata, si deduce il grado di irritabilità del prodotto. Poi c’è la vivisezione più spinta, dunque i test chirurgici: difficile entrare nel dettaglio di ciò che accade in campo medico e farmacologico. E difronte ai farmaci, purtroppo, noi cittadini possiamo fare poco. Per legge devono essere testati. L’unica soluzione sarebbe usare farmaci omeopatici, lì dove è possibile.



La non attendibilità della sperimentazione sugli animali è stata ampiamente dimostrata. Perchè allora si continua ad effettuarla? Quali gli interessi?


Sarebbe necessario cambiare le leggi: per farmaci e detersivi, come dicevo, è obbligatorio il test su animali. In parte anche perché non esistono test alternativi. D’altro canto le alternative non vengono messe a punto, perchè nessuno è interessato a farlo. Anzi a volte è più economico utilizzare animali raccattati per strada, che non comprare sofisticati macchinari. Per i cosmetici il meccanismo non cambia.



La tua guida insegna, però, che la presenza dell’’etichetta “no cruelty” non garantisce comunque l’eticità del prodotto sul fronte animalista.


Sì, perché la terminologia “prodotto finito non testato” segnala implicitamente, con la parola “finito” che gli ingredienti di cui è composto sono stati invece testati precedentemente. Non si va più sicuri con la dicitura “Prodotto non testato” perché il termine “prodotto” è già sinonimo di insieme di ingredienti. Questo perché non esiste normativa ufficiale a riguardo: chiunque può fregiarsi dell’etichetta “no cruelty”, semplicemente perché non testa il prodotto finito. Sul fronte dei cosmetici, andando in erboristeria ha buone chance di riuscire ad acquistare prodotti non testati. Buona norma, inoltre, è quella di evitare nuovi prodotti massicciamente lanciati dalla pubblicità.



Qualche consiglio pratico per salvare gli animali e non impazzire nel fare la spesa…


Avere umiltà e non farsi prendere dal fanatismo, perché è controproducente. Fare un piccolo passo alla volta: cominciare a sostituire un prodotto “incriminato” con uno etico e poi, via via, progressivamente passare ad un altro e poi ad un altro ancora. Pian piano diviene un’abitudine e una grossa soddisfazione. Non bisogna imporsi la perfezione, altrimenti ci si demoralizza e si rischia di mandare alla malora tutto. Un comportamento equilibrato è anche più contagioso verso gli altri, si può trascinare con più facilità qualcun altro al consumo critico.



Per concludere Antonella, ricordiamo perché è importante fare una spesa etica nel quotidiano…


Perchè non sono le multinazionali che devono fare di noi quello che vogliono. Siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico: se non compriamo quello che ci propongono, le multinazionali sono zero. Dobbiamo prendere coscienza che boicottando un determinato prodotto, diamo un piccolo contributo al suo calo delle vendite: nessuna multinazionale, né azienda ha interesse a produrre quello che non gli garantisce multimiliardari. I consumatori hanno un enorme potere e devono e possono usarlo, ogni giorno. Basti pensare a quanti miliardi spendono le multinazionali in pubblicità per farci comprare questo e quello. Siamo noi il vero potere del mercato e possiamo fargli cambiare rotta con le nostre piccole-grandi scelte.



 
 
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