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Sviluppo e patogeni ambientali
Lo sviluppo economico causa problemi di salute a tutti
Aprire una strada in una foresta, costruire una diga o impiantare un sistema di agricoltura intensiva: interventi come questi, oltre a modificare in profondità il paesaggio, possono creare nuove opportunità per le malattie infettive. Al punto che si può parlare di un vero e proprio "inquinamento da patogeni". Si concentra su questo fenomeno un rapporto pubblicato sul numero di luglio di Environmental Health Perspectives. Gli autori sono gli esperti del comitato internazionale Working group on land use change and disease emergence. Jonathan Patz, coordinatore del rapporto, spiega il problema senza mezzi termini:"Molte delle nostre attività attuali, in particolare quelle orientate allo sviluppo economico, hanno dei rilevanti effetti negativi sulla salute". Ci sono sempre più prove di come la modificazione dell'ambiente influisca significativamente sulla distribuzione dei microorganismi, e quindi, sulla salute di esseri umani e animali.
In altre parole, la colpa della diffusione di colera, malaria o febbre gialla, non può essere attribuita unicamente alla "natura matrigna". Lo sviluppo "insostenibile", col suo corredo di deforestazione, sfruttamento del territorio e alterazione delle coste, fa la sua parte. Per esempio, l'attacco alle foreste tropicali, ha avuto comprovati effetti sulla crescita della malaria in Africa, Asia e America Latina. Molte delle terre strappate alla foresta, una volta irrorate dalla pioggia, rappresentano un ambiente ideale per le zanzare che trasportano il virus. Senza contare che l'erosione del suolo derivante dalla deforestazione aggiunge ai fiumi tanto mercurio che oggi mangiare il pesce del Rio delle Amazzoni è piuttosto rischioso. Infine, la frammentazione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità possono portare all'estinzione locale di alcune specie e al concomitante prosperare di altre che portano malattie pericolose per l'essere umano: è il caso delle leishmaniosi in America Latina.
Effettivamente, circa il 75 per cento dei patogeni rischiosi per l'essere umano sono di origine animale. Quindi, quando gli umani invadono nicchie ecologiche non loro, si espongono a infezioni pericolose. Un altro ingrediente, nel quadro tracciato dal rapporto, sono le migrazioni. Dalle malattie portate in America dai Conquistadores, fino alla Sars, il movimento di esseri umani e animali ha sempre comportato il trasporto di patogeni. Oggi il rischio non è legato tanto al turismo in paesi esotici, che può causare contagi occasionali, ma alla componente più consistente del movimento migratorio globale: quella costituita dai rifugiati. In questo caso, i rischi connaturati alla migrazione sono amplificati nella maggior parte dei casi, dalla carenza di strutture sanitarie adeguate.
Anche il trasporto di cibo e animali sulla rete del commercio globale catalizza la diffusione di agenti patogeni. Infine, tanto l'agricoltura intensiva, quanto l'urbanizzazione, sono un'opportunità per le malattie infettive, perché forniscono habitat nuovi agli animali che le trasportano, o ne invadono lo spazio. Il controllo di processi come quelli trattati nel rapporto è assai complicato, dal momento che la loro dinamica è stata studiata nei dettagli solo per pochi casi. Per questa ragione, il comitato di esperti sollecita la creazione di una rete di Centri di Eccellenza per la ricerca su Ambiente e Salute, che, impiantandosi sul tessuto delle università locali, possa affrontare problemi specifici caso per caso, ed elaborare analisi dei progetti di modifica del territorio. Questa rete, però, dovrebbe essere solo il supporto tecnico a una volontà politica forte. Che riconosca l'inquinamento da patogeni come un nuovo elemento per valutare la sostenibilità dello sviluppo economico. (galileo.it)
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